Arte, Cultura e Tradizioni
nella Valle di Rochemolles
CHIESA PARROCCHIALE DI SAN PIETRO APOSTOLO
La parrocchia era già menzionata già nel 1296, mentre l’edificio attuale è frutto di un ampliamento datato al 1452-56. Risale al 1699 il piccolo portico di accesso, fa invece parte dell’impianto quattrocentesco il campanile, originariamente in forme romanico delfinali, e privato della guglia nel 1749 a causa di una valanga.
La chiesa presenta una navata unica con abside poligonale orientata a est e decorata con costoloni in tufo. Alla navata è addossata, nei pressi dell’ingresso, la piccola cappella di San Sebastiano, mentre a fianco del presbiterio si apre un vano in cui è posto il coro.
L’interno è decorato da un bel soffitto ligneo a cassettoni con decorazione policroma a stelle, attribuito ad intagliatori alto valsusini attivi alla fine del XV secolo. Notevole è la cantoria posta sul lato occidentale della navata, datata al 1758 ma realizzata reimpiegando numerosi elementi del XVI secolo. I rustici seggi del coro riprendono i motivi dell’arredamento domestico valligiano. Al centro è posto il leggio corale con credenzino (1571) decorato a scanalature e leggio (1621) con decorazioni intarsiate ed intagliate che raffigurano su un lato il sole raggiante.
L’interno della chiesa conserva una significativa decorazione ad affresco. La cappella di San Sebastiano presenta le scene della vita del santo. Sono visibili anche le figure di San Sisto e Sant’ Apollonia e una delicata Annunciazione. Entrambi i cicli sono attribuiti al Maestro del Coignet e della Ramats, affine alla bottega dei Serra di Pinerolo e attivo tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI.
La festa si celebra la 1° domenica successiva al 29 giugno
PILONE PRA LAVIN
Il pilone è situato in località Pra Lavin a monte della frazione Rochemolles.
Dalla frazione salire lungo la strada sterrata in direzione della Diga fino al 5° tornante, da dove parte sulla sinistra un sentiero che in 10 minuti porta alla località Pra Lavin.
Il pilone votivo è stato edificato alla fine del sec. XV, interamente affrescato con le figure della Pietà, di Santa Barbara, di San Sebastiano, di San Giacomo, di San Bernardo di Mentone, ed il mancato martirio dei Santa Caterina d’Alessandria. Gli affreschi sono databili agli anni compresi tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 e sono stati eseguiti da artisti che ripropongono la maniera dei Serra.
MUSEO ETNOGRAFICO DI ROCHEMOLLES
Il museo è situato al centro della frazione Rochemolles nell’edificio che fino agli anni Sessanta era sede della scuola e che oggi ospita la sede dell’Associazione Agricola di Rochemolles.
Nasce per volere di una famiglia del paese che ha fatto dono di alcuni oggetti che rispecchiano la vita quotidiana, attrezzi di lavoro ed arredi utili alla sopravvivenza della vita di un tempo.
Con il tempo il museo si è arricchito di altre donazioni come l’abito tradizionale di Rochemolles, con i suoi scialli e le sue cuffie, arredi sacri della Cappella della Madonna degli Angeli dello Scarfiotti ed alcuni pizzi eseguiti al tombolo, antica arte di ricamo di questa frazione.
MULINO DI ROCHEMOLLES
Il mulino è situato a Rochemolles sulla riva destra orografica del torrente Rochemolles.
Il mulino, è a ruota orizzontale; questo tipo di molitoria offriva il vantaggio di adattarsi alle zone montane poiché poteva funzionare con minime quantità d’acqua ed era meno vulnerabile al gelo.
Il mulino, dotato di due macine, una per fave ed avena e l’altra per la segala, era però limitato poiché le macine erano obbligate a girare alla stessa velocità della ruota posta sotto il pavimento, ove l’acqua affluiva attraverso un canale, faceva girare le palette e ritornava ad immettersi nel torrente.
L’utilizzo del mulino era gestito dal mugnaio e dai proprietari delle granaglie, che si fermavano il tempo necessario alle operazioni di macina. La farina veniva setacciata successivamente nelle case con semplici setacci, i “sià”.
Nel 1929, quando con la costruzione della diga il mulino iniziò a funzionare a corrente elettrica, venne acquistato un setaccio meccanico, il “Barité”, con il quale la farina veniva setacciata nel mulino con tempi molto più rapidi.
Il mulino rimase in funzione fino al 1961.
IL MERLETTO A TOMBOLO DI ROCHEMOLLES
Il merletto a tombolo è un pizzo fatto a mano la cui arte era diffusa in particolare a Rochemolles.
Questa antica arte di ricamo di origine mediterranea, ma soprattutto araba, fu introdotta da Isabella di Serre, moglie di Lorenzo Ferrus, nobile di Oulx intorno al 1625.
Lo strumento utilizzato era il tombolo, una specie di cuscino imbottito di forma cilindrica corredato dai fuselli, piccoli fusi attorno ai quali venivano avvolti i fili.
La lavorazione del pizzo iniziava appuntando con gli spilli al cuscino un foglio con il disegno del merletto da realizzare. I fili trattenuti dai fuselli venivano intrecciati tra loro secondo schemi molto complessi che, per i pizzi più ampi, potevano raggiungere l’impiego di oltre un centinaio di fuselli.
Il tipo di prodotto era quello classico della regione alpina, con il fondo a punto Parigi e le decorazioni a punto tela, contornati da un grosso cordonetto. Tale produzione costituiva in passato una valida risorsa economica per Rochemolles, infatti questi pizzi erano acquistati dalle donne della valle per guarnire abiti da festa, cuffie, per i corredi dei neonati e per arredi sacri.
L’ultima donna a dedicarsi a quest’arte è stata tant Marie- Rose Garcin (1893 – 1950) che ha lavorato fino al 1949.
Nei museo etnografici di Bardonecchia e di Rochemolles sono raccolti sia gli attrezzi del mestiere, tomboli antichi e moderni, sia un bel campionario di pizzi realizzati in loco, montati su cuffie o sciolti.
Nel museo etnografico di Bardonecchia è conservato un antico tombolo completo di merletto incominciato, fuselli e “crocca d’fa pounzetta”, ovvero il bastone intagliato che, piantato nel terreno e tenuto tra le ginocchia, faceva da supporto al tombolo in fase di lavorazione del pizzo; altrove il tombolo veniva appoggiato su ripiani o sedie.
TELEFERICHE O FILI A SBALZO
La destra orografica della Valle di Rochemolles è una zona molto aspra con falesia e balze di roccia sotto punta del Vallone, della Gardiola e del Colle della Pelouse; più dolce, invece, la sinistra orografica.
Oltre le pareti verticali, si trovano prati di buona qualità, che in passato meritavano di essere sfalciati in quanto produttori di notevoli quantità di fieno anche in tarda estate e inizio autunno.
I prati, molto scoscesi e difficilmente raggiungibili, venivano sfalciati a mano; il fieno veniva portato in luoghi più bassi e meno pendenti, e raccolto in “trousa” (fasci di fieno contenuti in una rete di corde e paletti in legno marchiati detti banâta). Una volta confezionata la troûsa veniva trascinata a valle con muli, slitte oppure portate sulla schiena dell’uomo.
Con l’avvento delle teleferiche su fili fissi per il trasporto a valle del fieno si ridussero notevolmente i problemi, i rischi e i tempi di lavoro ed in poco tempo i fruitori di questa tecnologia passarono da poche unità a circa 44 su una sessantina di famiglie presenti a Rochemolles.
L’idea di usare fili a sbalzo è una delle eredità derivanti dalla costruzione della Diga di Rochemolles negli anni ’20 – ’30 del secolo scorso. A partire dal 1928 alcuni agricoltori-montanari iniziarono a riunirsi in società con l’intento di costruire teleferiche a servizio dei soci. Arrivarono a costituire una società denominata “Società d’la Corda” con un vero e proprio statuto che regolamentava gli introiti, l’uso delle teleferiche con divieti e multe e le responsabilità. Furono erette ben 23 linee: 11 tratte riguardavano il difficile lato destro orografico, 5 tratte riguardavano il più mite lato sinistro orografico e le rimanenti 7 tratte univano i due versanti. Le basi di arrivo erano situate nei pressi dell’abitato di Rochemolles in due regioni distinte (Dařèir ‘l Cantun e Planchë), nonché nelle vicinanze della Vië do Fun.
Negli anni ’60, con l’introduzione dell’uso dell’elicottero per trasporto di persone e materiale, divennero obbligatori i palloni segnalatori per tutti i cavi aerei. I fili a sbalzo delle teleferiche, non risultarono adatti per l’apposizione dei palloni segnalatori, in quanto su una corda unica (senza altre corde traenti/frenanti) non era più possibile far scorrere le truse di fieno, per cui non si trovò altra soluzione che segare i fili e abbandonare la fienagione dei prati alti.