Storia e cultura
Una comunità di frontiera, una cultura alpina con profonde radici
che si estendono anche al di là dell’attuale linea di confine
Bardonecchia: Cenni Storici
Bardonecchia è il comune più occidentale d’Italia, è situata a 1312 metri di altitudine ed è circondata da cime, di cui numerose sopra i 3.000 metri. Collocata in una vasta conca, la cittadina di Bardonecchia, sorge nel punto d’incontro di quattro valli disposte a ventaglio: le valli di Rochemolles, del Frejus, della Rho e la Valle Stretta.
Il fatto di trovarsi in una conca chiusa, lontana dalle grandi vie di comunicazione, ha reso la cittadina relativamente “indipendente”, come si leggeva sotto lo stemma comunale “Seigneur de soi- meme”.
L’origine del nome “Bardonecchia” è incerta. Un’interpretazione ne fa derivare il nome dalle parole “Bardot” o “Bard”, che in francese significano rispettivamente muletto e sella, dal momento che, in passato, il commercio tra Bardonecchia e le vicine valli francesi si svolgeva a dorso di muli; i finimenti di tali animali erano presenti nello stemma dei primi Signori di Bardonecchia ed ora in quello del Comune. A partire dall’anno mille andò ad affermarsi il toponimo Bardisca e poi Bardonesca.
Bardonecchia fu abitata da tempi molto antichi. Nel I secolo Bardonecchia faceva parte con tutta l’Alta Valle di Susa del regno di re Cozio ed era popolata dai Belaci. Con la crisi dell’impero romano si stabilirono nell’area i Franchi. Dal IX secolo arrivarono i Saraceni, bande irregolari di genti di religione musulmana provenienti dalla penisola iberica dedite a scorribande. Verso l’anno mille alcuni nobili scacciarono i saraceni dalla Valle e si stabilirono in zona, tra questi anche i Signori De Bardonneche, che mantennero il loro potere fino agli anni 1330–1335; dopodiché furono costretti a sottomettersi al dominio dei Delfini. Dal 1343 Bardonecchia entrò a far parte della Repubblica Des Escartons e quindi poté godere del diritto di auto-governarsi e di privilegi a livello fiscale.
Nel 1562 il paese fu teatro di un sanguinoso episodio delle guerre di religione, quando i cattolici guidati dal capitano La Cazette appiccarono il fuoco al castello, ora Tur d’Amun, dove si erano rifugiate le truppe ugonotte.
Nei primi anni del Seicento i nuovi Signori di Bardonecchia furono i De Jouffrey.
Dopo secoli di appartenenza alla Francia nel 1713 con il Trattato di Utrecht Bardonecchia passò al regno dei Savoia.
Nel 1871, con l’apertura del Traforo ferroviario del Frejus ed il collegamento della ferrovia con Torino si interruppe “l’isolamento” di Bardonecchia.
A seguito dell’inasprimento dei rapporti con la Francia, causati dall’adesione dell’Italia alla Triplice Alleanza nel 1882, Bardonecchia divenne piazzaforte militare di confine: molti edifici del Borgo Nuovo vennero riconvertiti in caserme e vennero costruite diverse fortificazioni e bunker.
Durante la Prima Guerra Mondiale le fortificazioni furono abbandonate e uomini ed armamenti inviati sul fronte austriaco.
A partire dalla metà degli anni Trenta, con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, la valle di Bardonecchia divenne nuovamente un’area strategica; furono ripristinate le vecchie postazioni militari e ne vennero edificate di nuove creando la più ampia estensione di opere fortificate del Vallo Alpino del settore Alpi Cozie.
Il 21 giugno del 1940 alcune case del Borgo Vecchio furono bombardate ma la guerra continuò senza grandi danneggiamenti fino alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, a cui seguì un’intensa attività partigiana che si svolse in particolare sulle montagne lungo i confini con la Francia.
Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 comportò severe imposizioni militari all’Italia, lo smantellamento e la demolizione delle fortificazioni e la revisione dei confini territoriali a vantaggio della Francia. Tra i territori persi dall’Italia si annovera la Valle Stretta che venne sottratta alle popolazioni della valle di Bardonecchia e ceduta alla Francia.
La storia dello Sci a Bardonecchia
Il 20 febbraio 1901 Adolfo Kind, Angelo Benassati e Ubaldo Valbusa compiono la prima salita con gli sci del Monte Tabor. Questo importante avvenimento, unitamente al rapido sviluppo dello sci, ha segnato per Bardonecchia il passaggio da località frequentata soprattutto nel periodo estivo per compiere ascese alpinistiche a località invernale, mutando completamente la percezione della montagna. In questo contesto Bardonecchia, anche grazie al treno, si è collocata un po’ come la capitale delle Alpi occidentali italiane, attraendo a sé numerosi alpinisti e appassionati di montagna.
Nel 1908 venne fondato lo Ski Club Bardonecchia, uno tra i più antichi d’Italia, e l’anno successivo grazie allo Ski Club Torino vennero organizzate le prime gare nazionali ed internazionali di salto, fondo e discesa, valide anche per il primo Campionato assoluto d’Italia. Le competizioni si svolsero lungo la pista da salto Colomion in località Il Molino che divenne palcoscenico delle straordinarie acrobazie aeree dei due fratelli norvegesi Smith; in ricordo dello spettacolare salto di 43 metri di Harald Smith, record di salto dell’epoca, l’area prese in un secondo tempo il nome di Campo Smith.
Alcuni anni dopo, nel 1911, venne organizzata la prima Festa della Neve a cui ne seguirono molte altre, ma fu solo a partire dagli anni 30 che questa manifestazione divenne un appuntamento annuale, raggiungendo grandi dimensioni. Decine di migliaia di persone arrivavano a Bardonecchia con il treno per riversarsi sui campi da sci ed assistere ad una giornata di gare ed esibizioni, nonché a diversi eventi collaterali: sfilate di moda, concorsi di canzoni e di statue di neve, manifestazioni pirotecniche e riprese cinematografiche.
Inizialmente lo sci era una disciplina praticata da benestanti cittadini amanti della montagna, così come era diffusa nell’ambiente militare presso le Truppe Alpine. Fu solo a partire dal 1927, sotto la guida del presidente-sciatore Don Giuseppe Vachet, che dallo Ski Club Bardonecchia iniziarono ad emergere diversi agonisti locali di tutto rispetto.
Gli anni ’30, per via della propaganda fascista che contribuì ampiamente alla diffusione della pratica dello sci, furono un periodo di grande sviluppo per Bardonecchia: il paese diventò infatti teatro di numerosi eventi e allo stesso tempo si rese necessario costruire impianti sportivi e strutture di vario genere.
Oltre alla Festa della Neve vennero organizzati i Littoriali della Neve, i III Giochi Universitari Internazionali, le competizioni degli Avanguardisti, alcune gite sociali ed aziendali come le giornate organizzate da “La Stampa”, nonché numerose esercitazioni sciistiche militari.
Vennero realizzati lo Stadio Littorio per il Ghiaccio (nell’area dove è attualmente situata la piscina comunale), grande pista di pattinaggio su ghiaccio con a lato tribune, la Slittovia Colomion, slitta con capienza di una quindicina di persone che da Campo Smith portava fino alla località Grange Hyppolites, ed una Pista di Bob con curve paraboliche lunga 1700 metri da Pian del Colle a Melezet.
Nel secondo dopoguerra ci fu poi una notevole implementazione degli impianti di risalita. Si iniziò nel 1946 con la costruzione della prima seggiovia monoposto realizzata in Italia, impianto che da Grange Hyppolites portava a Punta Colomion e nel 1958 si creò una seconda area sciistica alle pendici del monte Jafferau con la Seggiovia Difensiva-Frejusia. Nel 1965 l’area sciabile andò espandendosi anche verso Melezet, con la realizzazione della Seggiovia Melezet-Grange Chesal. Sempre nello stesso anno, grazie ad una folle idea di Edoardo Allemand e Piero Bosticco, venne creato un centro per lo sci estivo sul ghiacciaio del Sommeiller a 3000 metri di altitudine.
Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006
Il 19 giugno 1999, durante il 109° Congresso del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) tenutosi a Seul, Torino, candidatasi insieme ad altre 5 città, venne scelta come città ospitante dei XX Giochi Olimpici Invernali. Bardonecchia fu designata come sede di gare dello snowboard e ospitò le competizioni, sia maschili che femminili, delle allora discipline olimpiche di half-pipe, snowboard cross e slalom gigante parallelo.
Per l’occasione si rese necessario provvedere all’ammodernamento di alcuni impianti di risalita del comprensorio sciistico, furono svolti dei lavori sulle piste 23 e 24 a Melezet, fu costruito da zero l’half-pipe olimpico e fu riqualificata l’ex Colonia Medail, convertita per l’occasione nel Villaggio Olimpico.
Ad un anno dalla Cerimonia di Apertura dei Giochi di Torino 2006 il sito di gara di Bardonecchia fu interessato, dal 9 all’11 febbraio 2005, dai Test Events, superando a pieni voti la prova per l’anno successivo.
Fu così che, dal 12 al 23 febbraio 2006, Melezet si trasformò nel teatro di alcune tra le più spettacolari competizioni delle Olimpiadi Invernali. Alcune delle gare subirono degli slittamenti rispetto al calendario iniziale a causa di ingenti nevicate, ma l’evento ebbe un enorme successo.
Gli oltre 11.000 spettatori ebbero l’opportunità di assistere integralmente alle competizioni di slalom parallelo e di half-pipe, queste ultime visibili stazionando direttamente sopra i muri del pipe, così da poter assistere alle evoluzioni degli atleti da distanza ravvicinata. Non solo, i due ristoranti situati davanti alle piste di gara furono integralmente coperti da enormi spalti per consentire ad un maggior numero di spettatori di assistere alle competizioni.
Come lo slalom gigante parallelo, anche lo snowboard cross si svolse sulla pista 23, ma per via delle strutture in neve costruite lungo il tracciato fu possibile seguire la gara solo in parte dal traguardo e per il resto sui maxi schermi appositamente montati.
Il medagliere delle competizioni svoltesi a Bardonecchia vide un netto predominio statunitense: ben 3 ori su 7 medaglie, subito seguiti dalla Svizzera, anch’essa con 3 ori, ma con sole 4 medaglie totali.
Nel 2007 l’half-pipe olimpico e la pista 23 furono nuovamente teatro di competizioni internazionali grazie alle Universiadi; il pipe ospitò poi per alcuni anni la Coppa del Mondo di specialità e diverse manifestazioni internazionali tra cui il Rock The Spot. Da segnalare la tappa di Coppa del Mondo di half-pipe tenutasi nel 2008 che vide come vincitore l’italiano Manuel Pietropoli, al suo primo successo in questa disciplina.
Giro d’Italia a Bardonecchia
Bardonecchia ha ospitato 4 volte il Giro d’Italia, di cui tre con uno degli arrivi più spettacolari ed impegnativi dell’intera competizione: la salita ai Bacini dello Jafferau. Vera e propria scalata di 7 chilometri e 250 metri per un dislivello di 654 metri con pendenza media del 9% e punte fino al 14%.
La prima volta che lo Jafferau è stato il punto di arrivo di una tappa della corsa in rosa è stato in occasione della 14esima tappa del Giro del 1972, la Savona-Bardonecchia tenutasi il 4 giugno. Fino a Bardonecchia alla testa della corsa si trovavano i due spagnoli Fuente e Galdos, ma il forte vento incontrato nel tratto da Oulx a Bardonecchia ne aveva rallentato la fuga e Fuente, che aveva attaccato la salita dello Jafferau in solitaria, a soli due chilometri dall’arrivo non riuscì a mantenere il vantaggio e fu raggiunto e superato tanto da Merckx che da Panizza. L’impresa epica del belga non gli consentì di aggiudicarsi la classifica scalatori, vinta comunque da Fuente, ma lo mantenne saldamente in maglia rosa consacrandolo vincitore della 55esima edizione del Giro d’Italia.
Bardonecchia accolse nuovamente il Giro nel 1984, con l’arrivo della 16esima tappa, Alessandria-Bardonecchia, posto lungo Viale della Vittoria all’altezza dell’allora Colonia Medail (ora Villaggio Olimpico). Vincitore della tappa fu il norvegese Dag Erik Pedersen. Il giorno successivo la partenza, inizialmente prevista sempre a Bardonecchia, fu spostata a Susa a causa del maltempo. Il Giro quell’anno fu vinto dall’italiano Francesco Moser che riuscì a strappare la maglia rosa al francese Laurent Fignon proprio nell’ultima crono conquistando l’arena di Verona tra applausi e ovazioni.
Dopo ben 41 anni, nel 2013, il Giro fece ritorno sulla salita dello Jafferau con la tappa Cervere-Bardonecchia che sulla carta poteva stravolgere la classifica, ma così non fu! Il gruppo dell’allora maglia rosa Vincenzo Nibali, lentamente, ma inesorabilmente raggiunse 4 fuggitivi che si erano allontanati a 85 chilometri dall’arrivo, consentendo così allo “squalo siciliano” di tornare in testa, anche se poi la tappa verrà vinta da Mauro Santambrogio, poi squalificato per doping.
La 101esima edizione del Giro d’Italia fece ritorno sulla salita dello Jafferau nel 2018, con la 19esima tappa Venaria-Bardonecchia, vinta da uno straordinario Christopher Froome dopo una fuga di oltre 80 chilometri iniziata lungo la salita al Colle delle Finestre. Fu così che la maglia rosa, indossata fino a quel momento da Simon Yates, passò a Froome che quell’anno non solo vinse il Giro d’Italia, ma si aggiudicò anche la classifica scalatori.
Sviluppo urbanistico di Bardonecchia
Fino alla metà del XIX secolo Bardonecchia era un piccolo paese di montagna che viveva di agricoltura ed allevamento di bestiame; tutti gli edifici si trovavano vicino alla Chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito nell’area ora denominata Borgo Vecchio.
A partire dal 1857, con l’inizio dei lavori di costruzione del Traforo ferroviario del Frejus, sempre su progetto degli stessi ingegneri del tunnel, Sommeiller, Grattoni e Grandis, venne creato il Borgo Nuovo: case per ospitare dirigenti, impiegati ed operai del cantiere ma anche magazzini, edifici tecnici e strutture di servizio quali negozi, scuola, cappella, …
Borgo Vecchio e Borgo Nuovo vennero collegati da una via rettilinea inizialmente chiamata Le Gran Chemin che diventerà l’attuale Via Medail.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, a seguito dell’inasprimento dei rapporti con la Francia, Bardonecchia divenne piazzaforte militare di confine: vennero costruite diverse fortificazioni e bunker e molti edifici del Borgo Nuovo vennero riconvertiti in caserme.
L’avvento del collegamento ferroviario con Torino rese Bardonecchia più facilmente raggiungibile dalla città; l’aristocrazia e l’alta borghesia piemontesi iniziarono ad interessarsi al paese come località di villeggiatura d’élite e i pionieri dell’alpinismo e dello sci a frequentarla per praticare questi nuovi sport. La risposta a queste nuova esigenze si ebbe nel primo decennio del Novecento, quando gli ingegneri Mario Capuccio, Andrea Luino e Carlo Angelo Ceresa costituirono la Società Immobiliare Bardonecchia con l’ambizioso progetto di creare, appena sotto al Borgo Vecchio, un nuovo quartiere volto ad ospitare i nuovi villeggianti. L’impianto urbanistico prevedeva una serie di ville e villini con giardino (restano Villa Ceresa Nuova e Villa Devalle o Amalia) un Grande Albergo poi divenuto Kursaal o Gran Salone Divertimenti (l’attuale Palazzo delle Feste) e viali alberati (Viale Capuccio e Viale Roma).
Allo stesso tempo crebbe il numero degli alberghi e quelli storici vennero completamente rinnovati; alcuni erano dotati degli ultimi comfort ed offrivano ambienti raffinati tanto da ospitare periodicamente, dal 1925 fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il principe Umberto di Savoia (da qui il toponimo Campo Principe).
Gli anni a cavallo tra le due guerre segnarono per Bardonecchia una ripresa dello sviluppo turistico e della crescita edilizia, favorita anche dall’inserimento della località, con concessione del Ministero dell’Interno del 1927, tra le stazioni di cura, di soggiorno e di turismo d’Italia.
Gli anni Trenta videro la costruzione di grandi impianti sportivi, quali lo Stadio Littorio per il Ghiaccio nell’area dove è attualmente situata la piscina comunale, la Pista per il Bob da Pian del Colle a Melezet e la Slittovia Colomion da Campo Smith a Grange Hyppolites, ma anche di grandi viali quali Viale della Vittoria e di edifici quali la Colonia IX Maggio (poi Colonia Medail e ora Villaggio Olimpico).
Dal dopoguerra Bardonecchia si affermò definitivamente come luogo di villeggiatura e stazione sportiva estiva ed invernale e conobbe una notevole espansione urbanistica.
Tra il ‘50 ed il ‘75 vennero costruiti circa 300 immobili: seconde case, piccoli appartamenti con in media 2 o 3 stanze in condomini alti dai 4 ai 6 piani, il cui stile architettonico era sostanzialmente quello delle città.
A partire dagli anni ’90 le nuove abitazioni vennero edificate in stile neo-montagnard con la rilettura della tradizione locale e l’utilizzo abbondante di pietra e legno.
Dal 2000 poi iniziò gradualmente la ristrutturazione di molti vecchi edifici del Borgo Vecchio.
Lo sapevi che …
Dal 1925 spesso Umberto di Savoia, insieme ad altri giovani rampolli reali, soggiornava e sciava a Bardonecchia. Da qui il toponimo Campo Principe.
L’uomo e la sua Valle
Una comunità di frontiera, una cultura alpina con profonde radici che si estendono anche al di là dell’attuale linea di confine. Naturale via di transito verso la Francia, la pianura del Rodano e l’Europa, percorsa dalla preistoria all’ 800 da eserciti, pellegrini, viaggiatori, artisti e mercanti, la Valle di Susa ha visto scorrere tutta la sua storia proprio attorno alle sue strade, ai suoi valichi, ai colli maggiori o minori, facili o impervi, che superano le sue montagne.
Poi le locomotive a vapore hanno attraversato il traforo delle Alpi creando uno stabile e comodo collegamento tra città e montagna. Oggi una moderna autostrada e la linea ferroviaria internazionale percorsa da treni veloci (TGV ed ETR), i due tunnel autostradale e ferroviario, fanno dell’Alta Valle Susa la valle più facilmente accessibile dell’intero arco alpino.
L’uomo ha vissuto in questa valle, ha modificato questa terra a volte dura e difficile e si è lasciato modificare lui stesso adattandosi a trasformazioni socioeconomiche di cui è stato a volte protagonista, altre soggetto passivo: ieri contadino ed allevatore, ha strappato alla montagna e alle brevi stagioni quanto gli era necessario per sopravvivere; oggi operatore turistico e professionista della montagna ha acquisito professionalità specifiche per accogliere, nel suo ambiente, il gran numero di turisti che frequenta l’Alta Valle Susa.
Lo sapevi che …
Il “patois” è il dialetto locale che si parla nell’Alta Valle di Susa, nel vicino Delfinato ed in Francia nella Valle della Durance. E’ una variante della lingua occitana alpina, con infiltrazioni di piemontese e di francese. Ci sono delle differenze nella pronuncia tra Bardonecchia, Rochemolles e Melezet.