Musei
Museo Forte Bramafam
Il Forte Bramafam, la più importante fortificazione delle Alpi Cozie di fine Ottocento, fu costruito tra il 1885 ed il 1894 sul rilievo omonimo che domina la conca di Bardonecchia. Sopravvissuto all’abbandono, alla devastazione e saccheggio dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, dal 1995, grazie all’iniziativa dell’Associazione per gli Studi di Storia ed Architettura Militare, il Forte Bramafam è rinato a nuova vita e accoglie un’area museale di oltre 4000 metri quadri, un Museo sulla storia del Regio Esercito.
All’interno dell’opera è stato allestito un itinerario di visita all’interno dell’opera che racconta la storia militare d’Italia dal 1890 al 1945 attraverso una serie di attente ricostruzioni ambientali fatte rivivere da 180 manichini con indosso uniformi originali del Regio Esercito, 74 artiglierie di diverse epoche (armi e cannoni), da oltre 2.000 reperti storici provenienti da fortificazioni dell’arco alpino e da plastici di fortificazioni.
Accesso
In auto: da Bardonecchia prendere la strada statale SS335 in direzione di Oulx. Percorso circa 1 km svoltare a destra sotto la ferrovia, oltrepassare il ponte sulla Dora e salire lungo la strada sterrata per circa 2 km fino alla Cappella Sant’Anna. Da qui proseguire a piedi per circa 300 metri fino ad arrivare al cancello di ingresso del Forte
A piedi: Da Campo Smith dirigersi verso il parcheggio sterrato sulla sinistra e prendere la strada ripida in salita denominata Vivier che in breve tempo porta in località Quattro Strade; da qui proseguire dritto in piano fino alla Cappella di Sant’Anna e subito dopo imboccare la salita a sinistra per raggiungere il Forte
Il Forte Sito ufficialeAperture 2023
Museo Civico Etnografico
E’ situato nel centro storico di Bardonecchia vicino alla Chiesa Parrocchiale di S. Ippolito.
L’edificio ottocentesco, antica sede della Casa Comunale, ospita su due piani la raccolta di testimonianze della cultura materiale locale.
Fu Mons. Bellando che a partire dal 1953 iniziò la raccolta di opere, in prevalenza a carattere religioso; inizialmente vennero sistemate in una cappella laterale della Chiesa Parrocchiale di Sant’Ippolito e poi, dal 1958, nella ex casa comunale.
Nella sala del pian terreno sono raccolti mobili, arredi ed oggetti della vita casalinga: una piattaia, tipico mobile presente nelle cucine, cofani del 1700 in legno intagliato, lumini ad olio in bronzo o in piombo, lanterne in ferro o legno, tomboli per creare pizzi e costumi tradizionali indossati dalle donne di Bardonecchia. Inoltre è presente una piccola sezione di arte sacra ed antichità di carattere religioso: una “raganella” (piccolo strumento sostitutivo del suono delle campane durante i riti della Settimana Santa), un porta rosario a forma di uovo, statue, stendardi, quadri a tema religioso.
Al piano superiore sono esposti oggetti ed attrezzi da lavoro e fotografie che testimoniano l’uso del legno nelle costruzioni e l’utilizzo degli attrezzi in agricoltura: aratri, zappe, seghe, secchi e mastelli, finimenti per i cavalli, muli ed asini ed una cassetta da maniscalco.
E’ inoltre presente una piccola raccolta di pietre della zona, una in particolare, contiene coralli fossili.
IL COSTUME TRADIZIONALE
Il costume tradizionale prevedeva l’abito, il grembiule, lo scialle e la cuffia.
L’abito era composto da una gonna con una o più balze cucite al fondo, un corpetto, attillato, allacciato sul davanti con gancetti o bottoni e maniche ampie sulle spalle che si restringevano sugli avambracci. L’abito era sempre di colore nero, la cuffia bianca mentre grembiule e scialle colorati.
Gli abiti erano diversi per i giorni da lavoro ed i giorni di festa.
L’abito quotidiano era in tessuto grezzo e lo scialle in lana, variopinto ed a motivi floreali; la cuffia era in cotone o di tessuto stampato semplice (le più giovani utilizzavano il foulard).
Durante i giorni di festa il vestito era di panno, il grembiule e lo scialle in seta dello stesso colore; i colori cambiavano a seconda del calendario liturgico religioso: viola per l’Avvento e la Quaresima, rosso per la Pentecoste e la Festa Patronale di S. Ippolito, verde per le altre domeniche del tempo ordinario, bianco per Natale, Pasqua, l’Assunta e il Corpus Domini, nonché per il matrimonio e forse la sepoltura. La cuffia era candida, in cotone leggero e tulle ricamato, fittamente pieghettata ed il merletto terminava con due pieghe avvolte al lato delle guance.
Il costume era inoltre guarnito dai merletti confezionati con il tombolo dalle donne di Rochemolles.
Completavano il costume alcuni ornamenti d’oro come gli orecchini, ma soprattutto la croce legata al collo con un nastro di velluto nero. La croce era di tipica fattura oltralpina delle zone di Grenoble e Lyon ed era un dono di fidanzamento, spesso acquistato dal futuro sposo alla fiera di Briançon oppure acquistato dalla famiglia come dono battesimale o di nozze.
Lo sapevi che …
L’abito della sposa era sempre di colore nero o comunque scuro; bianco era il grembiule, lo scialle e la cuffia.
Museo di Arte Religiosa Alpina di Melezet
Il museo è situato all’interno della Cappella Madonna del Carmine lungo la via principale della frazione Melezet, poco distante dalla chiesa parrocchiale.
Il museo, inserito nel Sistema Museale Diocesano, nasce grazie al parroco Don Francesco Masset che dai primi anni ’50 iniziò a custodire gli arredi sacri provenienti dalle chiese e dalle cappelle della conca di Bardonecchia soggette ad atti vandalici.
Il museo ospita un’importante raccolta di statuaria lignea, opere di oreficeria, dipinti, tessili e paramenti datati dal XV al XIX secolo.
Gli oggetti sono realizzati da artigiani locali, ma soprattutto da botteghe orafe di Briançon e Lyon, o da pittori di scuola francese come i Dufour.
Tra le opere esposte spiccano le tavole dipinte provenienti dalla cappella del Coignet, opera del Maestro del Coignet datate al 1490-1500; la croce processionale di Rochemolles del 1520-29, opera dell’orafo del Briançonnais Yppolite Borrel; la splendida Madonna lignea di Rochemolles datata al primo decennio del 1500; l’ancona lignea raffigurante San Sisto e la Madonna col Bambino della omonima Cappella del Pian del Colle; una serie di reliquiari a braccio databili al XVII secolo e alcuni contraltari in cuoio impresso e dipinto. Inoltre, è esposto un esemplare di Scapolare in seta ricamata con fili d’argento risalente all’Ottocento; la Cappella, infatti, fu sede della Confraternita dello Scapolare tra il 1650 e il 1937.
Gli oltre 300 oggetti, facenti parte della collezione, sono esposti a rotazione, a seconda del tema della mostra.
Museo Etnografico di Rochemolles
Il museo è situato al centro della frazione Rochemolles nell’edificio sede della scuola fino agli anni Sessanta e che oggi ospita la sede dell’Associazione Agricola di Rochemolles.
Il museo è nato per volere di una famiglia del paese che ha fatto dono di alcuni oggetti, attrezzi di lavoro ed arredi della vita quotidiana di una volta.
Con il tempo il museo si è arricchito di altre donazioni come l’abito tradizionale di Rochemolles, con i suoi scialli e le sue cuffie, arredi sacri della Cappella della Madonna degli Angeli dello Scarfiotti sommersa con la costruzione della diga ed alcuni pizzi eseguiti al tombolo, antica arte di ricamo di questa frazione.
Lo sapevi che …
L’arte di eseguire i pizzi con il tombolo pare che sia stata introdotta tra il 1620 e il 1630 da una nobildonna di Oulx, Isabella De Ferrus, che inviò a Rochemolles persone capaci ad insegnare la lavorazione alle donne del luogo. Tale lavorazione sopravvisse fino a metà del ‘900.
Mulino di Rochemolles
Il mulino è situato a Rochemolles sulla destra orografica del torrente Rochemolles.
Il mulino, è a ruota orizzontale; questo tipo di molitoria offriva il vantaggio di adattarsi alle zone montane poiché poteva funzionare con minime quantità d’acqua ed era meno vulnerabile al gelo.
Il mulino, dotato di due macine, una per fave ed avena e l’altra per la segala, era però limitato poiché le macine erano obbligate a girare alla stessa velocità della ruota posta sotto il pavimento, ove l’acqua affluiva attraverso un canale, faceva girare le palette e ritornava ad immettersi nel torrente.
L’utilizzo del mulino era gestito dal mugnaio e dai proprietari delle granaglie, che si fermavano il tempo necessario alle operazioni di macina. La farina veniva setacciata successivamente nelle case con semplici setacci, i “sià”.
Nel 1929, quando con la costruzione della diga il mulino iniziò a funzionare a corrente elettrica, venne acquistato un setaccio meccanico, il “Barité”, con il quale la farina veniva setacciata nel mulino con tempi molto più rapidi.
Il mulino rimase in funzione fino al 1961.